Nonostante siano prodotti non destinati al grande consumo, le macchine per costruzioni sono ovunque: si usano per realizzare infrastrutture, ma anche per demolire edifici, trattare materiali e riciclare rifiuti. La gamma è ampia e variegata: si va dalle ben note macchine per il movimento terra (come escavatori, bulldozer e pale gommate) agli impianti per calcestruzzo, dalle gru a torre ai macchinari per perforazioni e lavori stradali, fino agli impianti per il trattamento degli inerti e alle attrezzature per la demolizione selettiva.
Nel 2024 il comparto ha generato un fatturato complessivo superiore ai 6 miliardi di euro — 4 dal lato produttivo e 2 da quello commerciale — e impiega circa 85.000 persone tra occupazione diretta e indotto. Una cifra significativa anche in ottica export: oltre l’80% della produzione viene infatti venduta all’estero. Sul mercato interno, però, il 2024 ha segnato una flessione del 9%, dopo anni di crescita sostenuta. Una battuta d’arresto che, secondo UNACEA, va interpretata come fisiologica.
Un altro tema centrale per il comparto è quello dell’economia circolare, che si sta imponendo come leva di trasformazione strutturale. Secondo i dati forniti da UNACEA, i rifiuti da costruzione e demolizione rappresentano circa il 43% del totale nazionale, pari a 60 milioni di tonnellate l’anno. Le macchine del settore possono svolgere un ruolo decisivo: demolizioni selettive permettono di separare già in fase di abbattimento i materiali, facilitandone il riciclo. Alcuni dispositivi consentono addirittura di trattare i detriti direttamente in cantiere, riducendo il volume degli inerti e rendendone possibile il riutilizzo in loco. Tuttavia, mancano ancora processi autorizzativi chiari che ne regolino l’adozione, e UNACEA lavora affinché queste tecnologie diventino standard normativi.
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